Un uomo appassionato, un attento osservatore della natura
umana, un lettore instancabile, anche se c’è chi mi confina nelle tre attività
menzionate nella domanda.
Come
ti sei avvicinato alla scrittura e come è nato il primo volume della trilogia Spaceborne Marines?
Scrivo da anni come giornalista tecnico nel campo delle armi
da fuoco e della Difesa, ed ho alle spalle diversi tentativi di pubblicazione
di romanzi con l’editoria tradizionale. Il primo volume è nato su Facebook, per
caso. Incoraggiato dagli amici che avevano letto l’incipit, creai un gruppo ed
inserii gli stessi amici come beta readers, scrivendo e pubblicando a puntate
nel gruppo i capitoli di Minaccia.
Gli stessi amici commentavano e davano anche degli spunti. Ecco come è iniziato
tutto.
C’è
qualcosa di autobiografico?
Sì, alcune cose, come, per esempio, le sensazioni durante i
lanci con gli Esoscheletri: sono riprese di peso dai lanci con il paracadute
fatti sia quando ero militare sia quando sono stato in Francia, per sport;
oppure la tensione estrema di quando Dexter Dax va a caccia dei suoi
attentatori durante la sparatoria a New York.
So
che ti stai dedicando alla stesura dell’ultimo volume di Spaceborne Marines, intitolato Resurrezione.
C’è qualche altro progetto in cantiere dello stesso genere?
Al momento un military
thriller, che avevo cominciato a scrivere tre anni fa e che va sviluppato e
terminato. Per la sci-fi militare non ho ancora programmato niente. Sarà
l’attualità, eventualmente, ad ispirarmi di nuovo, come è successo per Spaceborne Marines.
Il
tuo stile si avvicina a qualche scrittore che ammiri?
Questo dovrebbe dirlo il lettore. Io amo la concisione di Tom
Clancy, per esempio, o lo stile epico di
Tolkien, ma anche la roboante vivacità
di Pennac. Non ho idea se tutto questo si noti nelle mie pagine, ma l’idea è
quella di raccontare in maniera avvincente una storia: eventi, sentimenti,
emozioni. E di far “vedere” e “sentire” al lettore ciò che succede, fino a
farlo calare nel mondo che ho creato. A volte uno scrittore è un demiurgo.
Spero solo di esserci riuscito.
Avresti
mai immaginato, un giorno, di pubblicare una trilogia o è sempre stata una
delle tue aspirazioni?
Non avevo mai immaginato in vita mia di scrivere una
trilogia, ma solo romanzi singoli. L’idea è nata durante la stesura di Minaccia, perché c’erano altri temi che,
man mano, volevo approfondire, ovviamente sempre spunti presi dall’attualità,
sia sociale che personale.
Progetti
futuri?
Come ho accennato prima, un military thriller, ma c’è anche un fantasy horror basato su figure femminili, una spy story basata su una vicenda vissuta. Mi piacerebbe scrivere
anche gialli, ma credo siano il genere narrativo più difficile, perché
richiedono una capacità di pianificazione che ancora non ho, ma che conto di
raggiungere ben presto.
Ringrazio Paul J. Horten per aver risposto alle mie domande e alla casa editrice Genesis Publishing che mi ha dato questa opportunità.
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