È il nome che mi sono scelta
quando ho pubblicato il mio primo libro di narrativa, Dodici posti dove non volevo andare, per distinguerla dall'altra me
stessa che scriveva, e talvolta continua a scrivere, un genere di pubblicazioni
completamente diverso. Però sono sempre io.
Come è nata la passione per la scrittura?
Da quando ho imparato a
scrivere. A sette anni ho scritto il mio primo racconto: si intitolava "Il
principe odiato" e parlava di una principessa che pur di non sposare un
principe ne passava di tutti i colori. E alla fine non lo sposava, ovvio. La
mia passione per la scrittura (intesa come narrativa) ha dovuto sempre lottare
contro quella parte di me che la riteneva una distrazione da occupazioni più
serie. Ma non si è mai spenta.
Qual è il tuo stile?
Sono sobria. Lo ero già
abbastanza per istinto, poi ho fatto un corso di Scrittura creativa in cui mi
esortavano continuamente a togliere tutto quello che non serve, come eccessi di
aggettivi, di avverbi, di precisazioni. Adesso forse esagero: una mia amica ha
detto che a volte taglio tutte le parti che sporgono, fossero pure gambe e
braccia, e che le parole si rincorrono finché non si urtano l'una con l'altra.
Allora mi rileggo e cerco di spiegarmi meglio, di spendere una parola in più,
di aggiungere una descrizione. Amo molto l'ironia, cerco di non prendermi mai
troppo sul serio quando racconto. Per dire, in questo libro il bello della storia,
un giovane pittore americano che studia a Roma, si presenta ai lettori
completamente ubriaco, mentre cerca di spiegare la sua poetica a un tassista.
Credo che l'ironia, se è sincera, possa farci capire meglio il mondo e aiutarci
a sopravvivere ai momenti peggiori. Non mi piace invece l'ironia degli snob, di
chi pensa di aver capito tutto a differenza degli altri.
Il genere letterario che preferisci di più?
I primi libri "da
grande" che ho letto sono stati libri di fantascienza ed è un genere che
mi è rimasto nel cuore, anche se non saprei scrivere una riga contenente
alieni, astronavi o tecnologie future. Invece il genere cui aspiro è il
realismo, che però forse è più un linguaggio che un genere, e che nel nostro
secolo e in quello appena passato si è coniugato a molte forme diverse di
narrazione: penso per esempio a certe
pagine eccezionali di Stephen King, dove si alternano orrori soprannaturali e
spaccati profondi di vita vissuta.
Quale genere letterario non ti piace?
Leggo quasi tutti i generi, ma
non mi piacciono i libri infarciti di luoghi comuni con la scusa del genere.
Per esempio, non mi piacciono le storie sentimentali in cui gli uomini sono
presentati come stupendi quarti di bue (magari anche ricchissimi e con un beeep come un paracarro) e le ragazze
sono sempre ingenue e semplici però in realtà bellissime non appena togli loro
gli occhiali.
Come nascono le tue storie?
Come immagini, come scene
girate nella mia testa. Le penso più volte, come se le recitassi, e poi le
metto per iscritto. Una volta per scrivere un finale di una storia ho dovuto
abbassare le serrande, perché avevo bisogno di mimarlo.
In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Moltissimo. Quando sono maschi
dopo un po' mi gira la testa. Ma è il lato più bello dello scrivere, entrare
nella mente di qualcuno totalmente diverso. In questo libro l'operazione aveva
un gusto particolare perché molti dei personaggi sono miei parenti, veri o
immaginari. Per plasmarli ho fatto man bassa delle mie manie e dei miei punti
di forza e di debolezza, fidandomi molto del mio istinto.
Come è nata la tua ultima opera?
C'era una storia che mi aveva
molto impressionato ma che non avevo voglia di raccontare, quella di un musicista
americano diventato pazzo per inseguire un sogno impossibile di perfezione. A
un certo punto mi è venuta l'idea di immaginare l'incontro tra quest'uomo, che
nel libro chiamo William Denver, e la mia famiglia, che aveva una grande
passione per la musica e che pure ha avuto dei momenti molto tristi. Così ho
cominciato a frequentare "posti dove non volevo andare", memorie
personali e famigliari che erano, per un motivo o per un altro, dei nervi
scoperti. L'opera ha una sua forma peculiare di raccolta di racconti
indipendenti, con toni e punti di vista diversi, però incentrati su una storia
sola che parte dalla Roma degli anni '50 e finisce in una Roma attuale, apocalittica
e un po' allucinata.
Stai lavorando a qualche altro libro?
Sto scrivendo un romanzo
sull'adolescenza di Roy Cerri, uno dei personaggi dei Dodici posti (il bello ubriaco, per intenderci).
Il tuo sogno?
Se proprio devo sognare, tanto
vale farlo in grande: il mio libro che fa successo all'estero e diventa un film
di Hollywood. Con Lee Pace, o Jared Padalecki (AKA Sam Winchester), che
interpreta William Denver. Sull'interprete ideale di Roy Cerri le mie lettrici
sono molto divise, quindi non mi pronuncio. Basta che sia alto e bello.
Contatti:
La mia mail è
cavalli64@gmail.com
https://www.facebook.com/claracerri.scrittrice
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