martedì 3 marzo 2015

Intervista a Caterina Armentano

Chi è Caterina Armentano?

Dovremmo indagare bene per scoprirlo davvero, perché nonostante sia logorroica per natura, non mi apro mai completamente con le persone, in quanto sono convinta che ci siano porte del nostro cuore e del nostro essere il cui accesso debba essere concesso a pochi. Sono una mamma che si lascia leggere, dalla propria figlia le fiabe della buona notte (nessuno chiami il Telefono Azzurro), una donna che va perennemente di corsa,  che dorme poco e che un giorno di questi troverete addormentata sul carrello della spesa o in coda agli uffici postali. Sono Nutella dipendente, cara compagna di viaggio  che non mi abbandona mai, che l’avventura si consumi a casa, mentre scrivo al computer o in giro, tra un break e l’altro, Nutella, sa come tirarmi su il morale!
Come è nata la passione per la scrittura?
Ho imparato a scrivere precocemente. Da subito le parole hanno avuto un fascino su di me. Ho iniziato a giocarci per creare filastrocche e poesie. La casa in cui abitavo da bambina aveva una lunga scalinata, lì mi sedevo con le mie sorelle, i miei fratelli, i miei cugini e leggevo loro quello che avevo appena creato. Avevo un nutrito pubblico di spettatori, anche molto partecipe direi. Ricordo che ci divertivamo molto. A otto anni, dopo aver letto “La piccola Principessa” di Burnet,  scrissi la mia prima fiaba, plagio bello e buono de’ “La Bella Addormentata nel bosco”, “Cenerentola” e “Biancaneve”. La stramba creatura che ne venne fuori, per me fu un orgoglio, perché d’un tratto mi sembrò di aver trovato una dimensione a misura della mia fantasia.
Qual è il tuo stile?
Uno stile suggestivo che richiama la memoria a fare un balzo indietro nel tempo.  Realistico, perché voglio che i lettori si sentano chiamati in causa in prima persona per i temi che tratto, epico affinché anche le imprese reali, quelle quotidiane abbiano qualcosa di straordinario, ironico perché l’ironia dà un senso  di leggerezza alla vita.
Il genere letterario che preferisci di più?
Non ho un unico genere, sia come lettrice sia come scrittrice. Amo gli stessi generi che scrivo: il fantastico, soprattutto quello destinato ai ragazzi. L’horror che mi consente di indagare i recessi più profondi dell’essere umano: dove sono insite le paure.  I classici, da cui c’è sempre da imparare. La narrativa. Tra i miei autori preferiti potrei citare: Rowling,  Funke, Allende, Tolkien, Dacia Maraini.
Quale genere letterario non ti piace?
Non disdegno nessun genere se il libro è scritto bene e la trama è intrigante.
Come nascono le tue storie?
Ascoltando: tendo  l’orecchio non solo alla gente, alla musica, alle frasi sussurrate nei film, ascolto anche quello che “non  si sente” e che mi arriva attraverso la percezione, attraverso il ricordo, la memoria anche e soprattutto di chi non c’è più. E poi ho scoperto che anche gli oggetti hanno tante cose da raccontare, quindi me ne resto buona in attesa di “sentire” la loro voce. Una volta innesca la scintilla arriva la fase dell’elaborazione, inizio a conoscere i miei personaggi, si collocano in ambienti e spazi e palesano intenzioni ed emozioni, allora, solo allora inizia la fase ardua: trovare del tempo per scrivere quello che mi dettano.
In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Sì, sono molto camaleontica. Scrivere è un’arte che richiede un’immedesimazione totale e ti consente di diventare il più orribile degli esseri umani, oppure il più saggio, il più potente o il più umile e via discorrendo. Questo richiede un duro lavoro su se stessi. Ognuno di noi si porta dietro e dentro di sé un bagaglio di ricordi, di sapere, e anche di condizionamenti, bisogna resettare tutto per “interpretare” qualcun altro.

Come è nata la tua ultima opera?
“L’Incanto di Fantasia” è nata negli anni. È  una raccolta di dodici fiabe che ho iniziato a scrivere più di dieci anni fa. Le fiabe hanno sempre fatto parte della mia vita, me le raccontava mia madre quant’ero bambina e altrettanto ha fatto mio nonno, sono una sorta di diario interiore realizzato con le frasi e le immagini di storie fantastiche. Ogni fiaba, de’ “L’Incanto di Fantasia” rappresenta un evento specifico della mia vita, un incontro, un sentimento traboccante, una delusione. Sono tutte nate da emozioni concrete e da fatti che in un modo o in un altro hanno segnato la mia esistenza.

Stai lavorando a qualche altro libro?
Sto lavorando a più progetti. Quest’anno uscirà per Lettere Animate Editore “Lilith. La prima donna” un racconto breve che fa parte del ciclo “Eden. I racconti del Giardino”. Non ho terminato la stesura di tutti i racconti quindi devo darmi da fare e lavorare di buona lena. Sto lavorando a un racconto horror e un romanzo di genere fantastico per ragazzi.  E poi naturalmente il prossimo obiettivo è farmi clonare, visto le tante idee e la voglia di metterle su carta…

Il tuo sogno?
Forse non dovrei dirlo, per scaramanzia ma si sta realizzando: rendere la scrittura il mio unico lavoro. E quando parlo di scrittura non mi riferisco solo ed esclusivamente all’atto pratico di scrivere romanzi ma anche a tutto quello che ruota attorno a questo mestiere splendido ma impegnativo, che mi mette sempre alla prova e  mi fa sentire  piccola piccola, perché più apprendo e più mi rendo conto che c’è da imparare.

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